Il Donga se ne va. Un altro parroco ha attraversato la nostra terra. Venti anni di vita insieme hanno visto le nostre vite intrecciarsi in tanti momenti, da quelli tristi a quelli gioiosi. Momenti di preghiera, di pellegrinaggi, di vita liturgica e di serena condivisione della tavola imbandita. Esattamente durante la Messa delle 8,30 del giorno di Natale mi è venuta l’idea di realizzare un tributo al nostro parroco mediante le foto che in tante occasioni ho scattato. Subito si sono aggiunti nel pensiero altri amici che fanno fotografie di qualità, li ho contattati e con gioia hanno dato la disponibilità a cercare nei loro archivi le immagini di eventi che vedevano coinvolto Don Gabriele. In questi giorni, mentre spulciavo le cartelle con le immagini digitali (le mie partono dal 2001), mi sono accorto di quante occasioni ci sono state e soprattutto di quante ce ne potrebbero essere racchiuse negli album delle tante persone che hanno incrociato le loro vite con quelle del Donga (matrimoni, comunioni, cresime, funerali, ricorrenze, concerti, feste…). Soltanto per le mie foto servono alcuni album, e non ci sono quelle che vanno dal 1993 al 2001, periodo in cui facevo diapositive e negativi. Di sicuro metterò qualche immagine del battesimo di mio figlio Michele perchè insieme ad altri tre bambini sono stati i primi battesimi che Don Gabriele, appena arrivato, ha fatto a Sant’Agata.
Che cosa mi resterà della sua missione tra di noi? Intanto qualcosa che ha a che fare con l’uso del suo soprannome, il Donga. All’inizio ero molto restio ad usarlo, per me era Don Grabriele. Ma poi l’uso da parte di tutti e il suo sentirsi a proprio agio, hanno fatto cedere la mia resistenza e ho cominciato anch’io a chiamarlo così. Cosa significa quel nome? Secondo me rappresenta un tratto del suo modo di essere: familiarità e confidenza. Una cosa che mi resterà come preziosa è la sua spontanea vicinanza con chi è lontano. Beninteso, un parroco è per istituzione qualcuno che non andrà mai bene a tutti, è inevitabile. Sembra che nostro Signore quando ha raccontato quella cosa della cruna dell’ago prima che alla ricchezza pensasse proprio ai parroci: “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, piuttosto che un prete sia accettato da tutti”. Ciò nonostante ho visto diverse persone che non frequentano la Chiesa essergli vicine e amichevoli. Il suo amore per lo sport, tifato e praticato, ha aiutato. Ma più ancora è stata la sua disponibilità a non giudicare e a farsi prossimo.
Un altro aspetto positivo è il suo amore per la sacra Scrittura. Ricordo come bei momenti formativi la preparazione alla Pasqua fatta nelle famiglie: gruppi di parrocchiani ospitati in diverse case per leggere e commentare insieme il vangelo della domenica. Oppure la Lectio divina il venerdì in Circolo. Infine la cura per l’omelia, mai improvvisata, in cui si avvertiva la riflessione privata e pregata, con cui sa mettere a frutto la sua capacità di spiegare e contestualizzare il testo biblico.
Un’ultima sua caratteristica che conserverò come un’eredità da proseguire è il costante tentativo di “teatralizzare”, nel senso buono, il vangelo. Musica, immagini, filmati, gesti e ritualità erano a volte rielaborati e messi al servizio del tentativo di attualizzare l’evento salvifico. I cicli delle catechesi e i grandi momenti liturgici avevano sempre dei fili conduttori da lui elaborati creativamente per facilitarne la memorizzazione e l’approfondimento. Non mi stupisce in questo senso il rispetto e l’affetto che ha avuto per padre Arpa (di cui purtroppo non ho nessuna foto) il quale è venuto a trovarci per diverse settimane sante. Era il gesuita (come Papa Francesco) amico e confidente di Fellini, capace, nei colloqui personali e nel confessionale, di smisurata misericordia. Egli amava la musica e l’arte nelle sue diverse forme perché in grado di esprimere la vita e le sue domande, insieme alla Grazia e alle sue risposte. Questo tratto l’ho notato in comune con il Donga.
Avere un sacerdote, soprattutto al giorno d’oggi, è una grazia per la comunità. Come sono una grazia per la parrocchia anche i tanti talenti laicali più o meno espressi. Non possiamo permetterci di trascurare questi doni dello Spirito. Gli auguro che anche nella nuova realtà in cui è stato inviato sappia continuare la sua attenzione a chi è lontano (senza dimenticare chi è vicino) e di riuscire a trasmettere la vitalità del vangelo, ancora buono per le trame del nostro tempo. E auguro a noi santagatesi di sapere fare tesoro di ciò che a ciascuno ha dato. Buon cammino Donga.